CLOCK SESSION - PAKKIO "Nella mia vita, come nella mia musica, cerco sempre di capire quand’è il momento di fare una cosa piuttosto che un’altra, cerco di mettere la mia personalità ovunque"
Chiunque attraversa un momento nella propria vita dove ad un certo punto realizza chi sta diventando. Pakkio Sans è l’attimo prima di aprire gli occhi quando ci si guarda allo specchio. Può essere sofferenza e gioia nello stesso momento. E' la sensibilità con cui hai a che fare, qualcosa che nasce in modo naturale, che sai di cosa si nutre, di cosa parla. Qualcosa che sai cos’è ora, cos’è stato, ma non cosa sarà.
Suonare è un po’ come raccontare una storia, in particolar modo quella di noi stessi, noi musicisti. Nel mondo musicale odierno è molto complesso etichettare un artista con un determinato genere, e sempre più è indispensabile essere aperti a nuove influenze e sperimentazioni. Quanto influisce tutto ciò nei vostri set e nelle vostre produzioni?
Tutto ciò che ci circonda influisce su ciò che facciamo, specialmente nell’arte, nella musica. Abbiamo la possibilità di vivere in un mondo senza “distanze”. Non ti nascondo, che ho sempre avuto paura di non essere in grado di andare oltre a ciò che facevo, quando in realtà cresciamo giorno dopo giorno, così come nella vita, anche nella musica. Siamo come delle spugne di apprendimento, riceviamo input da qualsiasi cosa, in qualsiasi momento. Nella mia vita, come nella mia musica, cerco sempre di capire quand’è il momento di fare una cosa piuttosto che un’altra, cerco di mettere la mia personalità ovunque, è l’unica cosa che ci contraddistingue davvero. Io per esempio sono sempre stato criticato nei miei dj set di fare pause troppo lunghe, ma per me la pausa è importante quanto la ripartenza, è non parlo di pause fatta di rullate o altro, parlo di pause fatte di melodie, di emozioni, pause che servono per farci riflettere. Siamo dei colori, tutto ciò che avviciniamo a noi, si bagna del nostro colore, ovvero la nostra personalità e diventa qualcos’altro, qualcosa che magari c’era, ma non era così.
Da anni ci si chiede quale sia la chiave che permette ad un artista di pervadere l’anima dell’ascoltatore con la propria musica. C’è un segreto?
Penso ci sia un unico grande segreto, ed è quello di essere sinceri.
La verità ci avvicina a tutto e ci allontana da tutto, è un po’ un controsenso, ma se sarai sincero le persone se ne accorgeranno. Devi parlare di te, essere te stesso. Se ti ascolto una volta magari ti trovo interessante, se ti ascolto due volte significa che mi sei piaciuto, ma se ti ascolto tre volte, allora voglio saperne ancora, mi piaci, vado a fondo, voglio capire cosa c’è sotto, sono curioso di conoscerti, si instaura un rapporto che è diverso, inconsciamente è più profondo, non ha più solo a che fare con la musica, si lega proprio alla persona e a ciò che fa e come lo fa.
Come si concretizza una tua idea musicale? E’ uno sviluppo prettamente intuitivo o in gran parte strutturato?
Diciamo che inizialmente mi affido molto all’intuito, a idee che mi passano per la testa e sentimenti che provo in determinati momenti, che cerco di catturare e in un modo o nell’altro renderli vivi. Successivamente strutturo tutto il lavoro da fare. Nulla è fatto per caso, cerco di curare qualsiasi cosa nei minimi dettagli, ma senza darlo a vedere, cerco di renderlo più naturale possibile. Questo perché, ritornando al discorso di prima, cerco di essere il più sincero possibile, non riuscirei a fare in altri modi, mentirei in primis a me stesso.